Secondo uno studio dell’Università Statale di Milano, l’acqua in bottiglia o nelle borracce viene inquinata dall’azione che imprimiamo sul tappo: quando apriamo il tappo di una bottiglia, si liberano microplastiche che finiscono per compromettere la salubrità dell’acqua che beviamo. Bere acqua dalle bottiglie è quindi pericoloso? Non è ancora chiaro quale possa essere l’impatto sulla salute a lungo termine, ma secondo i ricercatori milanesi del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali, va risolto il problema della frizione che si crea ogni volta che apriamo una bottiglietta di plastica o di una borraccia con il tappo a vite. Cerchiamo di capirne di più.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Water Research, si focalizza sulle fonti delle microplastiche che altri studi avevano rilevato all’interno dell’acqua potabile minerale contenuta nelle bottiglie che comunemente troviamo nei negozi e supermercati. I biologi italiani hanno condotto test sull’usura delle bottiglie e le conseguenze. In laboratorio sono state prese in esame le classiche bottigliette di plastica (polietilene teraftalato) da 0,5 litri di tre aziende diverse e con un involucro di spessori diversi. Ogni bottiglia è stata ‘strapazzata’ simulando le solite azioni di apertura e chiusura che effettuiamo nel corso della giornata; poi ogni contenitore è stato fatto rotolare sotto pesi da 5 kg per sottoporle allo schiacciamento che spesso devono subire. Alla fine è stata condotta un’analisi sulla qualità dell’acqua, confrontando i risultati con quelli di bottiglie campione che non erano state aperte e schiacciate. Quello che è emerso è che si conferma, come già scoperto da altre ricerche, la presenza di microplastiche nell’acqua potabile di queste bottigliette. In media si sono rilevate 150 microparticelle per litro (valore che non ha effetti sulla salute, in verità). >> LEGGI ANCHE: Borracce in plastica, alluminio o acciaio, i consigli per comprarla
Non è quindi il materiale plastico della bottiglia a scatenare la contaminazione dell’acqua, bensì i tappi. Questi pezzi di plastica sono costituiti da un materiale chimicamente diverso da quello delle bottiglie: sono in polietilene ad alta densità (HDPE), composto che quando viene stressato reagisce rilasciando appunto quelle microplastiche che finiscono sul bordo della bottiglia. Un’azione a cui non facciamo caso (e di cui non possiamo fare a meno) può quindi peggiorare le condizioni dell’acqua che beviamo, inquinata da migliaia di microparticelle nocive che entrano nel nostro organismo (sai quanta plastica produciamo ogni giorno? leggi qui). Detto che non è ancora chiaro se un’esposizione prolungata alle microplastiche possa avere effetti sulla salute umana, uno degli autori dello studio, il professor Paolo Tremolada, spiega che “L’industria si è resa conto che il punto debole delle bottiglie è il tappo”. E informa che alcune aziende hanno trovato una soluzione aggiungendo lubrificanti fra tappo e colletto per ridurre la frizione, anche se vanno risolti alcuni problemi sul tipo di lubrificanti”. >> LEGGI ANCHE: Le più belle borracce in acciaio inossidabile
Lo studio avvisa anche che una bottiglia delle tre esaminate riportava una quantità di microplastiche rispetto alle altre due, probabilmente per il tipo di colletto attorno a cui è avvitato il tappo (la filettatura era interrotta in alcuni punti), che provoca una maggiore frizione e usura quando apriamo la bottiglia. Il problema della massiccia di microplastiche si può presentare nelle borracce che hanno il tappo a vite (ne parliamo qui), mentre non succede con quelle che hanno tappo a pressione. (C’è poi il problema del cattivo odore nelle borracce di plastica, di cui parliamo qui). Se invece vuoi saperne di più sui thermos leggi qui. “I produttori dovrebbero garantire ai consumatori la purezza dell’acqua anche rispetto al contenuto di plastica”, aggiunge Tremolada, “come già accade per batteri e altri contaminanti. Invece, non essendoci controlli c’è il rischio che un elevato quantitativo di microplastiche entri in contatto con l’organismo o sia disperso nell’ambiente e quindi possa finire nel cibo per via indiretta”. (foto photoblend / pixabay)
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